L'Officina dello storico Bergamo

Memoria del paesaggio e trasformazioni del territorio

  • Scopri la tua roggia: il sistema di irrigazione nelle campagne bergamasche

    Partitore della roggia Morla di Comunuovo nei pressi della cascina Ceresola a ZanicaProviamo a tornare indietro nel tempo, almeno a prima dell’industrializzazione: campagna e cascine sparse, boschi e paesi di piccole dimensioni e ben distanziati tra loro, strade per lo più sterrate e una ben evidenziata fitta rete di rogge per distribuire l’acqua dai fiumi ai campi o al contrario per canalizzarne l’eccedenza. Un lavoro per il quale l’uomo si è adoperato anche nella bergamasca fin dall'antichità, ma di cui rimangono, soprattutto in città, solo alcuni brevissimi tratti per lo più inquinati e che compaiono e scompaiono nascosti da strade e costruzioni. Attraverso i documenti di questo percorso sarà possibile visualizzare il territorio della provincia nel passato ed osservando la rete di distribuzione delle acque e il suo utilizzo per confrontarlo poi con il presente.

    Argomento

    Sarebbe stato, se non inutile, certamente problematico per la MIA possedere un enorme patrimonio fondiario senza l’acqua. E’ per questo che sin dal XIV secolo acquistò dal Comune di Bergamo non solo i terreni ma anche la roggia Morla di Comun Nuovo. Una roggia che nasceva in città per poi scorrere verso sud e che veniva utilizzata soprattutto per l’irrigazione dei campi. Lungo il tragitto l’acqua veniva venduta per alimentare altri campi, non di proprietà della MIA, azionare mulini e, nella prima fase dell’industrializzazione, anche turbine. La distribuzione, riportata in tabelle speciali, era regolata in base alla quantità, alle fasce orarie e alle stagioni.

    Ambito cronologico

    Inizio del XX secolo

    Fonti usate

    Documenti cartacei di tipologia varia provenienti dai fondi archivistici prodotti dagli uffici della MIA, proprietaria della Roggia di Comun Nuovo:

    • lettere relative a controversie
    • regolamenti d’uso delle acque
    • tabelle con le “ruote” (i turni di distribuzione dell’acqua)
    • documenti contenenti descrizioni del percorso della roggia e richieste di utilizzo delle acque per scopi non agricoli.

    Di notevole interesse è la cartografia di supporto che permette di cogliere le trasformazioni subite dal paesaggio urbano e rurale nel corso del tempo.

    Organizzazione del percorso

    Sono previste due mattinate così strutturate:

    primo incontro: (in città alta)  visita guidata alla Basilica di Santa Maria Maggiore, seguita o preceduta da un breve percorso nella città vecchia per osservare cisterne, fontane e pozzi e scoprire sia il sistema di raccolta e distribuzione dell'acqua  che la funzione ornamentale di alcuni manufatti. Su richiesta le classi possono visitare la Biblioteca musicale “G. Donizetti” presso la Domus Magna;

    secondo incontro: (presso la scuola) di carattere laboratoriale per scoprire attraverso immagini, la lettura e l'analisi di alcuni documenti dell'archivio della MIA l'importanza dell'acqua,  i sistemi di distribuzione ed uso nel passato e oggi.

    Abilità e competenze acquisibili

    • Osservazione di un contesto territoriale
    • Capacità di lettura di documenti diversi riconducibili ad una medesima ripartizione territoriale:
      • individuazione dei fattori di trasformazione che hanno contribuito alla formazione dell’attuale paesaggio antropico
      • individuazione delle tracce storiche ancora riconoscibili nella configurazione del paesaggio odierno, sia urbano che rurale
    • Conoscenza delle consuetudini e dei patti che regolavano l’utilizzo delle acque per l’agricoltura
    • Approccio al lessico in uso - in ambito agricolo e non - specifico delle attività collegate alla distribuzione e all’utilizzo delle acque artificiali

    Proposte di approfondimento culturale e didattico

    Studio del territorio sul campo: è sempre molto proficuo per lo studio del territorio un’indagine diretta sul campo per esplorare le rogge di più facile accesso per la classe, osservando i tratti coperti, lo stato di manutenzione, l'utilizzo delle rogge oggi e nel passato.

    L’uso dell’acqua sia in città che in campagna: l’importanza dell’acqua sia per uso civile (potabile e non) che per usi agricoli ed industriali nonché per la produzione di energia. Approfondire questo aspetto significa confrontarsi con i grandi mutamenti della tecnica idraulica e con l’attualissimo problema della carenza, della proprietà e della gestione di questo bene vitale.

  • L'evoluzione del paesaggio della valle d’Astino dal medioevo ad oggi

    Il parco dei colli avvolge Bergamo alta come un manto alle cui estremità si collocano due monasteri benedettini: Astino, nella valle omonima, e Valmarina, all'imbocco della val Brembana, una volta monastero femminile, attualmente sede proprio del Parco dei colli. Ancora oggi, entrambi i monasteri sono inseriti in un contesto paesaggistico che, nonostante lo sviluppo urbanistico, conserva un'impronta agricola e forestale e una relativa integrità.

    I caratteri della valle di Astino erano particolarmente adatti all'edificazione del monastero: una posizione appartata, ma non eccessivamente distante dalla città, vicina a sorgenti d'acqua e boschi, circondata da dolci rilievi collinari che non ostacolavano le coltivazioni, la proteggevano dalle correnti e creavano una suggestiva cornice ambientale. Era inoltre attraversata da un'importante via di comunicazione  percorsa da  mercanti  con le loro merci,  viandanti  e  pellegrini che giungevano dalla Valsassina, dalla Brianza, dall’Isola bergamasca e dalle valli San Martino e Imagna diretti in città attraverso la porta S. Alessandro.

    Vigneti nella valle di AstinoAncora oggi, a distanza di quasi mille anni dalla nascita del monastero e nonostante il succedersi di vicende storiche anche tumultuose, la valletta conserva una bellezza quasi intatta, in cui è possibile riconoscere i segni del lavoro dei contadini alle dipendenze del monastero  che quel paesaggio hanno modellato e conservato.

    L'intervento di recupero del complesso di Astino da parte della Fondazione MIA  ha compreso anche i terreni circostanti oggi gestiti dalla Società Valle d’Astino che ha redatto  una Carta Etica con cui  gli affittuari dei terreni si  impegnano  a coltivarli secondo i criteri dell’agricoltura biologica in modo da conservarne la biodiversità.

    Ambito cronologico

    Dal XII al XXI secolo

    Fonti usate

    • Carte catastali, testi letterari, vedute della valle di Astino nei quadri ottocenteschi
    • Carta etica della Valle d’ Astino
    • Progetto di valorizzazione agro-ambientale

    Organizzazione del percorso

    Sono previste due mattinate così strutturate:

    primo incontro: di presentazione: (in classe) l'origine e le caratteristiche del monachesimo, l'organizzazione della vita e degli spazi dei monasteri, la spiritualità vallombrosana e le principali vicende storiche del complesso di Astino;

    secondo incontro: visita guidata alla Chiesa del Santo Sepolcro e agli ambienti monastici, preceduta o seguita, da un'attività di lettura e analisi di documenti di epoche diverse: testi letterari, disegni, dipinti, fotografie.

    Abilità e competenze

    • Capacità di lettura di testi di diversa tipologia
    • Capacità di lettura e interpretazione di fonti diverse, riferibili alla medesima ripartizione territoriale:
      • individuazione dei fattori di trasformazione che hanno contribuito alla formazione dell’attuale paesaggio antropico
      • individuazione delle tracce storiche di un fenomeno ancora riconoscibili nel paesaggio odierno
    • Capacità di leggere e indagare il paesaggio o un territorio
    • Promozione di comportamenti di rispetto e difesa dell’ambiente, e di consapevolezza del patrimonio d'arte e paesaggistico del nostro Paese
    • Sviluppo del senso di appartenenza alla propria comunità attraverso la conoscenza della storia, dell'arte e del paesaggio del proprio territorio

    Proposte di approfondimento culturale e didattico

    • Osservazione  e descrizione dei caratteri naturalistici e antropici della Valle d’Astino all’interno del Parco dei Colli di Bergamo
    • Analisi  dei valori ideali, culturali, ambientali della carta etica della Valle d’ Astino
    • Analisi  delle finalità del progetto di valorizzazione agro-ambientale
    • Produzione di una brochure informativa sul progetto agro-alimentare della Valle d’Astino.
  • Le trasformazioni del territorio della valle di Astino dal medioevo ad oggi attraverso la cartografia catastale

    Il monastero di Astino si insediò in un contesto geografico  tipico per gli insediamenti vallombrosani, spesso ubicati nell’immediato suburbio delle città, in luoghi dove era facile rifornirsi d’acqua, in posizione favorevole alla coltivazione del terreno e in prossimità di comodi assi viari di collegamento.

     

    Infatti fu costruito vicino ad un’importante via di accesso alla città attraverso quella che, con la costruzione delle mura venete, fu chiamata Porta S. Alessandro: la via percorsa da mercanti, pellegrini, viandanti diretti o provenienti dalla Brianza, Lecco e la Valsassina, l’Isola Bergamasca, la Valle Imagna.

    Come ha affermato lo storico Francesco Salvestrini, studioso dell’ordine vallombrosano, c’è una stretta somiglianza con il contesto geomorfologico in cui sorge la casa madre di Vallombrosa nell’Appennino toscano. Questo è un elemento importante perché i vallombrosani potevano diffondersi ovunque ma sempre cercando di mantenere in parte l’idea di essere a casa propria.

    Ancora oggi, a distanza di quasi nove secoli dalla fondazione del monastero e nonostante il succedersi di vicende storiche e degli avvicendamenti colturali, la valletta conserva un bellezza quasi intatta nella quale è possibile riconoscere i segni dei lavori di dissodamento, bonifica, derivazione delle acque e costruzione di canali artificiali e terrazzamenti voluti e diretti dai monaci vallombrosani che vi hanno vissuto per circa sette secoli.

    L'acquisto del complesso di Astino da parte della Mia ha compreso anche i terreni circostanti, con un’estensione di 60 ettari dei quali 30 a bosco (Bosco di Sudorno o di Astino a est e Bosco dell’Allegrezza ad ovest). I terreni a seminativo, dalla metà del secolo scorso, sono stati coltivati estensivamente a mais, con l’utilizzo di diserbanti e concimi chimici, una monocoltura che ha finito per impoverire i terreni.

    Un ettaro di terreno è stato concesso in comodato d’uso gratuito al Comune di Bergamo che lo ha affidato all’Orto botanico che ha realizzato la “Valle della biodiversità” cioè un orto didattico in cui si coltivano varie specie di ortaggi e alberi da frutto provenienti da tutto il mondo.

    Nella restante parte dei terreni forestali e agricoli, la Fondazione MIA con l’intento di riqualificare la Valle di Astino ha avviato il “Progetto di valorizzazione agro-ambientale” fondato su un modello di agricoltura sostenibile che privilegia la coltivazione policulturale senza l’uso di diserbanti né di concimi chimici.

    Nei terreni circostanti il monastero si coltivano  l’uva, l’olivo, il luppolo, le erbe aromatiche, i piccoli frutti, i cereali. I terreni sono stati dati in affitto a piccole cooperative o società che si sono impegnate sottoscrivendo una carta etica a praticare coltivazioni a basso impatto ambientale e rispettose della biodiversità esistente.

    Ambito cronologico

    Dal XIX al XXI secolo

    Fonti usate

    • Carte catastali
    • Mappe
    • Osservazione diretta

    Organizzazione del percorso

    L'intervento prevede due incontri:

    primo incontro: (presso l'Archivio di Stato di Bergamo, via Fratelli Bronzetti, 24/26/28) visita guidata dell'archivio seguita dalla presentazione e osservazione di alcuni documenti provenienti dall’archivio storico sezione moderna della MIA;

    secondo incontro: (in classe) laboratorio sulle mappe catastali da cui ricavare dati sulle colture, la loro distribuzione e sul valore dei terreni.

    Abilità e competenze acquisibili

    • Capacità di leggere il paesaggio e indagare il territorio della Valle d’Astino
    • Capacità di contestualizzazione storica e di confronto con l’oggi
    • Capacità di lettura e interpretazione critica di fonti diverse riconducibili ad una medesima ripartizione territoriale e produzione di informazioni
    • Individuazione dei fattori di trasformazione che hanno contribuito alla formazione dell’attuale paesaggio antropico
    • Individuazione delle tracce storiche ancora riconoscibili nel paesaggio odierno
    • Assunzione di comportamenti di rispetto e difesa dell’ambiente e di consapevolezza del valore del patrimonio naturale e artistico del nostro Paese
    • Sviluppo del senso di appartenenza alla propria comunità attraverso la conoscenza della storia, dell'arte e del paesaggio del proprio territorio

    Proposte di approfondimento culturale e didattico

    • Conoscere la funzione e le finalità del Parco dei colli di Bergamo attraverso l'osservazione diretta dei caratteri naturalistici e antropici della Valle d’Astino 
    • La carta etica di Astino; valori ideali, culturali, ambientali e modalità di attuazione
    • Il progetto di valorizzazione agro-ambientale e la riqualificazione del territorio: il premio europeo del paesaggio.

Storia della cultura e della società dall’età medievale ad oggi

  • Faide e criminalità nobile nel territorio di Bergamo nel ’600

    “ …e noi siam galantuomini” dicono con faccia sorniona i bravi a don Abbondio. Una storia tutta inventata quella di Renzo e Lucia? Non completamente. Sembra infatti che Alessandro Manzoni si sia avvalso di una torbida vicenda avvenuta dalle parti di Vicenza,Stemma della famiglia Calepio emersa da atti processuali d’archivio finiti ad un certo punto da Venezia a Milano, e, adattandola, abbia tratto la trama del suo capolavoro. Anche nella bergamasca, ai tempi del dominio della Serenissima, i nobili spadroneggiavano e infilzavano di spada personalmente, o facevano "archibugiare" dai loro bravi, non solo i rivali ma anche membri della propria famiglia. Un percorso dunque un po’ truculento tra omicidi privati, intimidazioni e violenze a delineare un periodo tra la metà del ‘500 e la metà del ‘600 in cui in Italia i cavalieri in crisi di identità non se la prendevano con i mulini a vento ma con chiunque li ostacolasse.

    La vicenda

    Il percorso propone i materiali relativi ad una faida interna alla potente famiglia dei conti Calepio, feudatari dell'omonima valle e ferocemente divisi dalla controversia sulla concessione dei diritti feudali ai soli eredi del conte Trussardo. La battaglia ereditaria si trascinò per oltre un secolo, non solo nelle sedi legali della magistratura veneziana, ma anche attraverso il frequente ricorso alle armi e alle prepotenze dei bravi.

    Ambito cronologico

    XVII secolo

    Fonti usate

    Nell'Archivio storico della MIA rimane un fascicolo che raccoglie le carte del processo seguito al delitto, la loro lettura ci mette di fronte ad una storia emozionante. Assistiamo all'assassinio del conte Pietro, alle ribalderie e alle sfide che precedono e seguono la sparatoria, alla fuga dal carcere del conte Antonio e dei suoi bravi  e alle intimidazioni subite dai testimoni del delitto. Il carteggio comprende inoltre bandi e lasciapassare per vari membri della famiglia Calepio che documentano bene la frequenza del fenomeno della criminalità nobile in quel periodo e l'inutilità degli sforzi delle autorità per limitarla. Per il laboratorio si utilizzano:

    • atti processuali
    • lettere, bandi, lasciapassare dei membri della famiglia Calepio
    • ordinanze e disposizioni delle autorità veneziane.

    Organizzazione del percorso

    Sono previste due mattinate così strutturate:

    primo incontro: (in città alta) se possibile presentazione di documenti relativi alla storia della Misericordia presso la Biblioteca civica “A. Mai”, visita guidata alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Su richiesta le classi possono visitare la Biblioteca musicale “G. Donizetti” presso la Domus Magna;

    secondo incontro: (presso la scuola) lettura e analisi di alcuni documenti dell'archivio della MIA relativi al processo per la faida Calepio.

    Abilità e competenze acquisibili

    • Capacità di lettura di documenti manoscritti
    • Capacità di ricavare informazioni e formulare ipotesi dai documenti
    • Analisi delle variazioni linguistiche verificatesi nel corso del tempo
    • Capacità di contestualizzazione storica e di confronto con l’oggi
    • Analisi di mentalità e consuetudini di vita diverse dalle nostre

    Proposte di approfondimento culturale e didattico

    • La storia Bergamo sotto il dominio di Venezia

    • Il sistema giudiziario (in particolare veneziano) in epoca moderna: la tortura

    • Permanenza di istituzioni feudali nell'età moderna: l'impotenza del popolo nei confronti della nobiltà, l'impunità dei potenti.

  • Marzo 1797: la rivoluzione bergamasca

    Stampa satiricaNel 1797, ai tempi della Rivoluzione e dell’arrivo delle truppe napoleoniche a Bergamo, Michele Bigoni è il campanaro della città: uno spettatore privilegiato con un posto in prima fila sul Campanone. Dall’alto del suo punto di osservazione non solo suona le campane per annunciare gli avvenimenti straordinari, ma ne fa una precisa cronaca. Attraverso il suo diario assistiamo ad un vero e proprio sconvolgimento: le feste in piazza, il rogo delle parrucche dei nobili, l’albero della libertà che, non solo cambiarono il volto della società e del potere, ma istituirono anche nuovi simboli e nuove immagini per rappresentarlo.

    Argomento
    Bergamo fu la prima città del dominio di terraferma a ribellarsi a Venezia e ad erigere l’albero della libertà in Piazza Vecchia. La cronaca degli avvenimenti di quei giorni può essere ricostruita attraverso il diario di Michele Bigoni, la stampa satirica, ma anche attraverso le pagine impersonali dei verbali delle sedute del Consiglio della MIA che, insieme alle altre istituzioni benefiche cittadine, fu oggetto di un feroce attacco da parte degli esponenti delle forze rivoluzionarie.

    Attraverso le avventure e la testimonianza di alcuni protagonisti, anche minori, della storia locale è possibile ripercorrere le vicende di un periodo di rapida accelerazione della storia che travolse i destini, le paure e le speranze non soltanto dei singoli, ma di intere comunità. Basti pensare che nell’arco di circa sessanta anni dagli anacronistici stati regionali del ‘700 si giunse alla costituzione di quello stato unitario la cui idea prese corpo proprio nel disordine e nei contrasti del periodo napoleonico.

    Ambito cronologico

    Fine del XVIII secolo

    Fonti usate

    • Registri delle Terminazioni (verbali delle sedute del Consiglio della MIA in cui si registravano le delibere sui vari punti all’ordine del giorno) della MIA
    • Corrispondenza dell’Ente con le istituzioni, i privati o con i dipendenti
    • Materiale a stampa dell'epoca
    • Diario di Michele Bigoni, conservato nella Civica Biblioteca “Angelo Mai”

    Organizzazione del percorso

    Sono previste due mattinate così strutturate:

    primo incontro: in città alta visita guidata alla Basilica di Santa Maria Maggiore, preceduta o seguita, se possibile, da una visita in Biblioteca civica A. Mai per la presentazione di documenti relativi al percorso e alla storia della Misericordia. Su richiesta le classi possono visitare la Biblioteca musicale “G. Donizetti” presso la Domus Magna;

    secondo incontro: laboratorio in classe con gli operatori de L'Officina sui documenti dell'Archivio della MIA.

    Abilità e competenze

    • Capacità di lettura di manoscritti
    • Capacità di analizzare e interpretare simboli, allegorie, miti e leggende
    • Conoscenza di momenti fondamentali della storia locale e nazionale: la fine della repubblica di Venezia e del suo dominio su Bergamo, la dominazione francese e la restaurazione
    • Capacità di contestualizzazione storica e di confronto con il presente: l’origine di ideali politici e istituzioni alla base della società moderna

    Proposte di approfondimento culturale e didattico

    I documenti proposti offrono uno spaccato del periodo e consentono di passare dalla storia locale alla storia nazionale ed europea facilitando la comprensione delle novità rivoluzionarie.

    • La rivoluzione delle parrucche, i tumultuosi avvenimenti del 12 marzo 1797 a Bergamo
    • Il ruolo dei francesi in Italia: il rapporto con gli ambienti giacobini, i cambiamenti introdotti, l'avvio dei processi che diedero vita allo Stato moderno.
    • La stampa rivoluzionaria e la satira come strumento di lotta politica: maschere e burattini da Arlecchino e Pantalone a Pacì Paciana.
  • Il restauro, un Cantiere vivo per le tarsie del coro

    Il cantiere per il restauro delle tarsie

    Secondo la tradizione popolare la chiesa di S. Maria Maggiore fu edificata per ottemperare ad un voto fatto alla Madonna nel 1133 dai bergamaschi perché proteggesse Bergamo dalla peste che si stava diffondendo nel nord Italia. La chiesa, fin dalle origini, ebbe un ruolo centrale nella vita religiosa e sociale della città, al suo interno si tenevano anche le assemblee del popolo, come in uso in epoca comunale. Col tempo la situazione politica cambiò e la basilica gradualmente perse il suo ruolo politico-sociale conservando solo quello spirituale.

    L'interno della chiesa, pur presentando ancora l'impianto romanico, nel corso dei secoli è stato modificato e arricchito di numerose opere d'arte grazie alla Misericordia Maggiore di Bergamo a cui dal 1449 è affidata la cura e l'abbellimento della stessa.

    Intorno all'altare maggiore è collocato il magnifico coro ligneo intarsiato dal maestro G.F. Capoferri su disegno di L. Lotto; la parte centrale, costituita da una recinzione lignea, delimita lo spazio liturgico e accoglie quattro tarsie in cui sono illustrate altrettante storie dell'antico testamento; l'interno è composto da ventisei stalli destinati al capitolo, due banchi riservati ai presbiteri e ai rettori veneti e, lungo la parete absidale, gli stalli una volta riservati ai cittadini di maggior rilievo e ai reggenti della Congregazione della Misericordia Maggiore. Ogni scanno ha la sua tarsia in cui si può riconoscere una storia dell'Antico Testamento o la raffigurazione simbolica di una storia.

    Il coro, realizzato nella prima metà del '500, ha subito come tutte le opere dell'uomo l'ingiuria del tempo tanto che nel 2022 la Fondazione MIA ne ha commissionato il restauro; il cantiere all’interno della basilica è ancora attivo ed è possibile osservare il lavoro dei tecnici grazie ai pannelli di plexiglass che lo delimitano e su cui sono riportati testi, immagini e QR code di approfondimento dei contenuti storici e artistici.

    Il percorso

    Il percorso prevede due opzioni:

    1^ proposta: introduzione e visita alla Basilica e al Cantiere vivo (3 ore):

    • incontro in un’aula del Palazzo della Misericordia in via Arena 9, per presentare le caratteristiche e la storia del coro di S. Maria Maggiore, i danni causati dal tempo e gli interventi di riparazione
    • visita della Basilica: il coro e il cantiere del restauro per osservare il lavoro dei restauratori, osservare la tecnica compositiva delle tarsie e i materiali usati, leggere una delle storie bibliche narrate da Lorenzo Lotto;

    2^ proposta- l’attività sopra descritta viene completata con un incontro in classe (2 ore) da svolgersi in una mattinata successiva, per riflettere su quanto si è appreso durante la visita e per approfondire uno dei seguenti temi a scelta:

    • Lorenzo Lotto e la committenza

    I rapporti tra Lorenzo Lotto e la committenza bergamasca attraverso l’analisi di alcune sue opere pittoriche; i rapporti tra l’artista e i Reggenti della MIA attraverso la corrispondenza relativa alla realizzazione delle tarsie del coro di Santa Maria Maggiore. Il percorso si conclude con un laboratorio di lettura e trascrizione di alcuni documenti relativi alla fabbrica del coro.

    • Il restauro delle tarsie di Santa Maria Maggiore: un esempio di tutela e valorizzazione di un’opera d’arte

    Il Cantiere vivo diventa spunto di riflessione sui concetti di tutela, di valorizzazione e di fruizione delle opere d’arte e sul rapporto tra di esse e i cittadini, sull’evoluzione storica della legislazione in materia di Beni culturali e sull’art. 9 della Costituzione italiana. Il percorso si conclude con un laboratorio di lettura e trascrizione di alcuni documenti relativi alla fabbrica del coro.

    Fonti usate

    • Le storie rappresentate nelle tarsie

    • Documenti di tipologia varia (lettere, note spese, ecc.) provenienti dall'archivio storico della Fondazione MIA.

    Abilità e competenze acquisibili

    • Capacità di leggere un'opera d'arte: osservare dettagli e simboli
    • Conoscenza e interpretazione del significato di un'opera d'arte
    • Conoscenza dei diversi livelli di comunicazione di Lorenzo Lotto e del lessico specifico di riferimento (motto, figura, impresa)
    • Capacità di apprezzare il valore di un'opera d'arte per la propria cultura
    • Educazione alla bellezza, al rispetto e alla valorizzazione dei beni culturali in quanto patrimonio comune, identificativo di una cultura

    Nel laboratorio con le fonti archivistiche:

    • Capacità di lettura e interrogazione critica di documenti manoscritti
    • Individuazione di informazioni esplicite e inferenziali.

    Proposte di approfondimento culturale e didattico

    • Il rapporto tra società e artista ieri e oggi
    • La conservazione delle opere d'arte e l'importanza del restauro
    • La trasmissione delle storie nelle rappresentazioni artistiche medievali e al tempo di Internet
    • Lettura e interpretazione di storie del Vecchio Testamento
    • La Bibbia: il testo sacro delle tre religioni monoteiste.
  • Il monastero di Astino: storia ed evoluzione del fabbricato e il suo patrimonio artistico

    I monaci di Astino appartenevano all'ordine vallombrosano fondato da san Giovanni Gualberto, deciso sostenitore della lotta contro la degenerazione  dei costumi nella Chiesa e contro la simonia (la compravendita delle cariche ecclesiastiche). Giovanni prese i voti a seguito di un miracolo determinato dal perdono che aveva accordato all’assassino di suo fratello. La sua vocazione, però, fu turbata dalla scoperta che anche l'abate del suo monastero aveva ottenuto la sua carica per denaro, pratica molto frequente all'epoca. Allora con alcuni suoi seguaci lasciò il chiostro ed intraprese una lotta serrata contro la corruzione del clero e una accanita ricerca di uomini puri e di luoghi “deserti” ove vivere G. Gualberto in gloriain perfetta comunione coi confratelli, nel pieno rispetto della Regola di san Benedetto.

    Giovanni fondò una comunità monastica a Vallombrosa, sulle pendici dell'Appennino, ma non rinunciò a combattere insieme ai suoi seguaci, il nuovo vescovo, Pietro  Mezzabarba, parimenti accusato di simonia. Nel 1068, per provare la veridicità delle accuse rivolte al vescovo, Pietro, detto poi Igneo, sostenne di fronte al popolo fiorentino la prova del fuoco, per dimostrare agli occhi dei fedeli la purezza dei vallombrosani e la corruzione del prelato.

    Soprattutto alla tradizione agiografica vallombrosana si rifanno i dipinti all'interno del monastero che esprimono la devozione dei monaci verso il fondatore e ricordano anche le opere di alcuni abati astinensi come Silvestro De Benedictis o Angelico Grassi.

    Il segno della filiazione vallombrosana è evidente in tutto il complesso architettonico che, nonostante i rifacimenti intervenuti in epoche diverse, conserva ancora alcuni caratteri tipici delle costruzioni dell'ordine: chiese di esigue dimensioni con impianto a monoaula, assenza di cripte e di apparati decorativi particolarmente ricercati, forte connotazione simbolica connessa al crocifisso, sobria realizzazione in pietra di tutte le strutture.

    Grazie alla forte carica morale e religiosa e all'impegno assistenziale i vallombrosani si affermarono rapidamente a Bergamo ottenendo donazioni fondiarie e nuove vocazioni, tanto che già alla fine del XIII sec., il monastero possedeva 44.000 pertiche di terreni molti dei quali ubicati fuori dalla valle.

    Dal 1515 l'abate Jacopo Mindria da Bibbiena avvia la sistemazione del lato sud del monastero che non riuscì a vedere completata. All’inizio del 1600 si avviarono nuovi lavori con il completamento della torre e del porticato a sud. Nel secolo successivo non solo sorsero contrasti con il governo veneto ma nel 1797 la Municipalità di Bergamo decise la soppressione del monastero che accoglieva 11 monaci, e i suoi beni, ancora ingenti, furono assegnati all’Ospedale di San Marco.

    Allontanatisi i monaci, il patrimonio artistico (quadri, arredi, statue, documenti, libri ed altro) si disperse e nel 1832 il monastero fu adibito prima a manicomio e poi ad azienda agricola

    Nel 1923 l’Ospedale metteva all’asta il “podere di Astino” ex monastero e chiesa compresi, dagli anni ’70 si procedette alla vendita di otto cascine su 10 e di porzioni più o meno ampie di terreno.

    Dopo più di 200 anni di progressivo degrado quello che sembrava un destino già scritto denunciato più volte da organi di tutela e da associazioni culturali come Italia Nostra, nel 2007 ha modificato il suo corso, con l’acquisto del monastero da parte della Congregazione della Misericordia Maggiore di Bergamo – Fondazione MIA.

    In occasione dell’Esposizione Universale di Milano nel 2015 la Fondazione Mia ha aperto  al pubblico il complesso monastico, nei mesi precedenti era stata riconsacrata la chiesa del Santo Sepolcro, mentre sulla base di una convenzione l’Orto Botanico ha realizzato  l’Orto della biodiversità.

    I terreni adiacenti al monastero e di proprietà della Fondazione Mia sono stati concessi in affitto ad imprenditori agricoli che hanno sottoscritto una carta etica e si impegnano a praticare un’ agricoltura biologica e sostenibile coltivando ortaggi, luppolo, piccoli frutti, frutta d’albero e uva.

    Ambito cronologico

    Dal XII al XXI secolo

    Fonti usate

    Attraverso la visita alle strutture esistenti si analizzano:

    • spazi architettonici: la chiesa, il chiostro, la torre del Guala, il refettorio, la sala capitolare etc
    • opere d'arte: statue, quadri, affreschi, etc.

    Abilità e competenze acquisibili

    • Conoscenza dell’istituzione monastica vallombrosana
    • Capacità di lettura di opere d'arte e di interpretare le intenzioni comunicative dell'autore
    • Capacità di riconoscere costanti stilistiche
    • Capacità di contestualizzazione storica

    Proposte di approfondimento culturale e didattico

    Gli spazi osservati e i documenti forniti consentono di:

    • ricostruire l'evoluzione del complesso monastico di Astino
    • ricostruire le caratteristiche e le funzioni degli ambiente del monastero  nel tempo
    • approfondire le tematiche del monachesimo dal medioevo alla soppressione napoleonica
    • Individuare e interpretare le caratteristiche dell’architettura vallombrosana e delle opere d'arte conservate.
  • Il manicomio di Astino: povertà, pellagra e follia nel 1800

    A poca distanza dal centro storico di Bergamo, ma calato in una valle verdeggiante e amena, il complesso monumentale di Astino, fondato nel 1107 da alcuni seguaci di San Giovanni Gualberto provenienti dal monastero di San Gervasio e Protasio di  Brescia, è stato per circa sette secoli monastero, per sessant’anni - dal 1832 al 1892 - manicomio provinciale, poi casa colonica e azienda agraria.

    L’antico manicomio della Casa della Maddalena, ubicato vicino alla chiesa di S. Alessandro in Colonna, verso la fine del Settecento non risultava più idoneo perché angusto e insalubre.  Nello stesso periodo storico le idee illuministiche stavano modificando la concezione dell’assistenza ai folli: da una visione e una pratica repressive si cominciò ad introdurre sistemi di custodia e di cura più rispettosi della dignità del ricoverato. Gli alienisti più innovatori avviarono la ‘cura morale’ con l’intento di restituire i malati meno gravi alla società.

    Ma il fenomeno che a Bergamo impose alle autorità pubbliche di individuare urgentemente una nuova sede più ampia e spaziosa per il manicomio, fu l’esplosione della pellagra, un’avitaminosi che colpì duramente le campagne dell’Italia centro-Vasche in uso nell' '800 per la cura della folliasettentrionale tra la seconda metà del settecento e i primi decenni del novecento. I contadini pellagrosi al terzo stadio della malattia  necessitavano del ricovero manicomiale in quanto erano affetti da 'frenosi' o 'psicosi pellagrosa'.

    Si giunse così alla decisione di adattare a manicomio il monastero vallombrosano dal quale i monaci erano stati allontanati.

    Sui muri interni ed esterni sono ancora visibili le tracce delle trasformazioni architettoniche eseguite e susseguitesi nel corso dei decenni per adeguare gli spazi del monastero alla nuova funzione. Ogni cambio di destinazione del monastero ha lasciato delle tracce; individuare e interpretare quelle del manicomio non sempre è facile.

    Ambito cronologico

    XIX secolo

    Fonti usate

    • Tracce del manicomio nell'edificio del monastero
    • Vedute del manicomio di Astino di Pietro Ronzoni in riproduzione
    • Fonti provenienti dagli archivi della Biblioteca Mai e dell’Archivio di Stato di Bergamo
    • Cartelle cliniche dei  folli ricoverati provenienti dall’Archivio dell’Ospedale neuropsichiatrico provinciale

    Organizzazione del percorso

    L'intervento prevede due incontri:

    primo incontro (in classe) per presentare l'origine e le caratteristiche del monachesimo, l'organizzazione della vita e degli spazi dei monasteri mettendo in luce lo specifico della spiritualità vallombrosana e le principali vicende storiche del complesso di Astino. L’adattamento a manicomio e la suddivisione degli spazi ,  le principali tipologie di disturbo mentale e le terapie adottate;

    secondo incontro visita guidata al monastero di Astino e  alla Chiesa del Santo Sepolcro per osservare le tracce dell’antico manicomio e quelle  lasciate dai malati. Segue un'attività di lettura  e decodifica  di documenti relativi alla realtà manicomiale (cartelle cliniche, relazioni mediche, lettere dei malati).

    Abilità e competenze acquisibili

    • Capacità di lettura e interrogazione critica di documenti manoscritti e a stampa
    • Approccio al lessico in uso nella documentazione sanitaria 
    • Individuazione di informazioni esplicite e inferenziali utili per la ricostruzione della vicenda clinica di un ricoverato o di una ricoverata
    • Capacità di individuare le tracce del manicomio ancora riconoscibili nel monastero vallombrosano di Astino per ricostruire le condizioni di vita dei ricoverati
    • Capacità di raccogliere e organizzare informazioni da documenti di tipologia diversa.

    Proposte di approfondimento culturale e didattico

    • Lettura della cartella clinica di un ricoverato per riflettere sulle condizioni di vita dei contadini bergamaschi nell'Ottocento e sugli effetti della pellagra
    • Rielaborazione di varie tematiche in forma narrativa (lettere, diari, cronache) anche da punti di vista diversi (il medico, il malato, un familiare)
    • La storia della psichiatria:
      • la concezione della pazzia e il trattamento della malattia mentale nel passato e oggi;
      • organizzazione del manicomio e interventi terapeutici nel manicomio di Astino.
  • La peste del 1630 nel monastero di Astino e a Bergamo

    Come è noto la peste del '600 si propagò dopo un periodo di crisi economica, dovuta a vari fattori, che colpendo la produzione agricola, specie dei cereali, provocò un'ondata di carestia preoccupante per le istituzioni non solo a causa delle vittime visibili perfino nelle strade, ma anche per il pericolo di disordini sociali.

    Chi si occupava dei poveri, specie quando nei periodi di gravi carestie il numero aumentava fino a diventare non solo straziante per lo spettacolo tristissimo di visi emaciati, corpi macilenti, ma anche pericoloso per le rivolte e gli assalti che mettevano a rischio la stabilità sociale? La MIA, quale ente nato con il proposito di aiutare i bisognosi, ebbe un ruolo fondamentale nell'opera di soccorso della popolazione.

    La comunità di Astino inizialmente fu protetta  dal contagio grazie alla posizione isolata, alla relativa distanza dalla città e all'ordine rigoroso dell'abate che proibiva ai monaci di avere contatti con l'esterno. Ma un giovane monaco preoccupato per la madre ammalata, disobbedì alle disposizioni dei superiori e di nascosto si recò in città. Al suo rientro anche il morbo attraversò le porte della clausura portando il suo carico di morte e distruzione.

    Dalle misure di intervento registrate nelle Terminazioni della MIA e attraverso le annotazioni degli abati nelle Ricordanze,  si percepisce lo sgomento provocato dal "furore di sì orribil male": mancanza di misure di difesa dall'epidemia, morte prematura di uomini di cultura, distruzione e perdita di beni, disordine morale e sociale, riduzione della manodopera agricola.

    Ambito cronologico

    XVII e XXI secolo

    Fonti usate

    • Le Terminazioni (i registri dei verbali degli incontri settimanali del Consiglio della MIA conservati nell'archivio della Fondazione) contengono poche annotazioni stringate sull'epidemia
    • Alcune lettere delle autorità cittadine riferiscono notizie interessanti sulle difficoltà del periodo e sul ruolo della MIA nell'organizzazione dei soccorsi
    • Le Ricordanze degli abati, che annotavano con regolarità i principali avvenimenti, il Compendio delle scritture del Monastero di Astino dell'abate Ignazio Guiducci e la Istoria della badia di Astino di Pier Gerolamo Mazzoleni del 1704 riportano dettagliatamente l'andamento dell'epidemia nel monastero di Astino.
    • Dati sul numero di morti nei paesi della provincia sono riportati in: Lorenzo Ghirardelli: Storia della peste del 1630

    Organizzazione del percorso

    Sono previste due mattinate così strutturate:

    Primo incontro: (in città alta) se possibile presentazione di documenti relativi alla storia della Misericordia presso la Biblioteca civica “A. Mai”, visita guidata alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Su richiesta le classi possono visitare la Biblioteca musicale “G. Donizetti” presso la Domus Magna;

    secondo incontro: (presso la scuola) lettura e analisi di alcuni documenti dell'archivio della MIA.

    Abilità e competenze

    • Capacità di lettura di manoscritti di tipologia diversa
    • Approccio al lessico in uso nel ‘600 e confronto con l’italiano odierno
    • Comprensione dei meccanismi economici nei momenti di crisi
    • Capacità di contestualizzazione storica e di confronto con l’oggi.

    Proposte  di approfondimento culturale e didattico

    • Raccolta di informazioni oggettive nelle pagine dello storico bergamasco Bortolo Belotti preziose per farsi domande e avviare una ricostruzione della vicenda e una rielaborazione delle informazioni raccolte in forma narrativa (lettere, diari, cronache) assumendo anche punti di vista diversi
    • Riflessione su come la carità era concepita nel passato e su come viene affrontato oggi il problema dei poveri tra assistenza pubblica, privata, volontariato e solidarietà personale.
  • Le pandemie nella storia di Bergamo: la peste del 1630 e il Covid 19

    Le malattie infettive sono dovute al contatto dell'organismo umano con batteri, virus, funghi o parassiti, quando l'infezione colpisce non solo un individuo, ma una popolazione si parla di epidemia. Negli ultimi anni abbiamo scoperto anche la pandemia, cioè  la diffusione di una malattia in  numerosi stati con il coinvolgimento di  buona parte della popolazione mondiale.

    Nel corso della storia abbiamo assistito allo sviluppo e alla propagazione di alcune infezioni che hanno addirittura causato il crollo di imperi secolari, epidemie particolarmente devastanti sono state le ondate ripetute di epidemie di peste e l’influenza.

    La medicina moderna ha sviluppato mezzi efficaci per contrastare le infezioni, ma una nuova malattia, il COVID 19, con la sua feroce virulenza non solo ha ucciso e costretto all'isolamento milioni di persone, ma ha messo a dura prova la nostra fiducia nella scienza e nella medicina. Ci siamo scoperti deboli e impreparati di fronte ad un nemico subdolo e sconosciuto e ci siamo ritrovati privi di armi per difenderci.

    Le grandi epidemie ci pareva fossero ormai solo racconti dei libri di storia o residui di arretratezza e ignoranza di paesi poveri e sottosviluppati, eppure il COVID19 ha resuscitato fantasmi che sVirus Covid19embravano scomparsi. Di fronte alle grandi pestilenze, la reazione più immediata è negare che ci sia, quando la diffusione del contagio è ormai incontrollabile e innegabile, si cerca un colpevole e, se necessario, lo si inventa passando alla caccia alle streghe e all’untore, dando ascolto a ciarlatani che promettono cure miracolose.

    Questo percorso, partendo dalla considerazione che nella storia in fondo è già successo tutto, cerca di mettere a fuoco le cause e le modalità con cui si sviluppò  l'epidemia di peste nel '600, le misure adottate dalle autorità, i rimedi adoperati dai medici per stabilire un parallelismo con la più recente diffusione del COVID19.

    Ambito cronologico

    XVI e XVII secolo

    Fonti usate

    Poche le notizie sull'epidemia all’interno dell’archivio della MIA: un paio di annotazioni stringate in un volume delle Terminazioni (i verbali degli incontri settimanali del Consiglio della MIA);

    Notizie più dettagliate e complete sono reperibili nella Relazione dell’estrema carestia seguita in Bergamo l’anno 1629 e della peste patita l’anno 1639 di Marc’Antonio Benaglio notaio della Misericordia Maggiore.

    Organizzazione del percorso

    Sono previste due mattinate così strutturate:

    Primo incontro: (in città alta) se possibile presentazione di documenti relativi alla storia della Misericordia presso la Biblioteca civica “A. Mai” in alternativa in classe, visita guidata alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Su richiesta le classi possono visitare la Biblioteca musicale “G. Donizetti” presso la Domus Magna;

    secondo incontro: (presso la scuola) breve introduzione alla storia della peste manzoniana anche attraverso la visione di  brevi filmati, lettura e analisi di alcune parti della Relazione di Marc’Antonio Benaglio.

    Abilità e competenze

    • Capacità di lettura di manoscritti di tipologia diversa
    • Approccio al lessico in uso nel ‘600 e confronto con l’italiano odierno
    • Comprensione dei meccanismi economici nei momenti di crisi
    • Capacità di contestualizzazione storica e di confronto con l’oggi

    Proposte di approfondimento culturale e didattico

    • Raffronto tra le epidemie nel passato e la recente epidemia di Covid19
    • La mentalità  e i comportamenti degli uomini di fronte alle epidemie
    • La medicina del tempo di fronte alla peste
    • I costi umani della peste e del Covid
    • La memoria e la rielaborazione del lutto della peste.
  • Movimento sociale cattolico e le affittanze collettive nelle campagne bergamasche agli inizi del '900

    Un percorso che consente, oltre allo studio del territorio e delle modalità di sfruttamento da parte dell’uomo, di conoscere le dure condizioni di vita contadina agli inizi del secolo scorso. Non solo quindi la possibilità di osservare mappe, terreni e colture, ma anche di ricostruirne le proprietà e le modalità di gestione. E ancor più la possibilità di immaginare i visi segnati dalla fame e dalle malattie (è il periodo della pellagra endemica) e le mani callose che impugnano sicure zappe e forche, ma sanno a malapena tenere la penna in mano. Ma è anche l’inizio di un cambiamento ad opera del nascente movimento sociale cattolico: l’istituzione delle prime "affittanze collettive", società cooperative dei contadini concepite come l’alternativa alle grandi affittanze con l’intento di migliorare le condizioni socio-economiche dei lavoratori della terra.

    La vicenda

    Il linguaggio, apparentemente noioso, del rinnovo di un contratto agrario lascia trapelare tra le righe, fredde e pragmatiche, un qualcosa di nuovo che si affaccia nella Firme dei contadini per la richiesta di affittanza collettivarealtà lavorativa di inizio Novecento. Non sarà più il solito grande conduttore affittuario, che di fatto si disinteressava del miglioramento dei campi e della vita dei contadini, a vedersi rinnovare l’affitto. Questa volta la sua richiesta alla grande proprietaria terriera di Comun Nuovo, la MIA, trova un concorrente: il parroco del paese che, con calligrafia ordinata, fa la sua controproposta in qualità di presidente della nascente Società dei probi contadini. Nella lettera alla MIA scrive con semplicità che spesso “il padrone” è negligente, che il mugnaio forse ruba e “difficilmente si troveranno poveri più poveri di questo comune”.

    Ambito cronologico

    XX secolo

    Fonti usate

    • Documenti di tipologia varia provenienti dai fondi archivistici della MIA e prodotti dagli uffici dell’ente incaricati di amministrare i beni fondiari
    • Mappe di periodi diversi utilizzabili quindi per capire l’evoluzione nel tempo del paesaggio agrario
    • Lettere relative a controversie
    • Contratto d’affitto con la descrizione dello stato dei fondi agricoli, toponimi, colture, acque e edifici
    • Atto costitutivo relativo alla Società dei probi contadini di Comunuovo

    Organizzazione del percorso

    L'intervento prevede due incontri:

    primo incontro: (in città alta) visita guidata alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Su richiesta le classi possono visitare la Biblioteca musicale “G. Donizetti” presso la Domus Magna;

    secondo incontro: (presso l'Archivio di Stato di Bergamo, via Fratelli Bronzetti, 24/26/28) visita guidata dell'archivio seguita dal laboratorio sulle fonti: testi manoscritti provenienti dall’archivio storico-sezione moderna della MIA.

    Abilità e competenze

    • Capacità di lettura e interrogazione di documenti manoscritti e a stampa:
    • Comprensione del lessico e della terminologia in uso nella documentazione proposta
    • Individuazione di informazioni esplicite e inferenziali utili per la ricostruzione della vicenda e per la contestualizzazione storica
    • Produzione e comunicazione delle informazioni apprese
    • Capacità di ricostruire una vicenda e di individuare i “personaggi”
    • Confronto tra il paesaggio agrario del passato e quello odierno attraverso la cartografia storica e contemporanea

    Proposte di approfondimento culturale e didattico

    • Confronto nel tempo del territorio e del paesaggio agrario in base alle cartografie di epoche diverse
    • La vita contadina del passato: consuetudini, credenze, linguaggio caratterizzanti il mondo e il tempo contadino
    • Nascita delle società contadine: le prime forme di associazione proposte dal movimento cattolico e da quello socialista.
  • La congiura degli studenti delle scuole della MIA (XVII sec.)

    La Domus della MIA sede della scuolaPrima del fatidico ‘68, o meglio ai tempi dei nostri antenati, gli studenti erano davvero più disciplinati e studiosi? Siete curiosi di sapere e di far sapere ai vostri alunni di oggi come era la scuola nella ormai lontanissima età moderna, come vivevano gli studenti e, se si ribellavano, come e soprattutto perché lo facevano? I documenti di questo percorso offrono uno spaccato della vita scolastica del ‘600, in particolare della seconda Accademia (1616-1630) di Bergamo fondata e gestita dalla MIA, e la possibilità di confrontarla con la vita scolastica odierna. Un'occasione di riflessione per gli studenti e anche per i…docenti.

    La vicenda

    Tutto ha inizio alla vigilia di un Natale del primo Seicento, nella sala del Consiglio della MIA (oggi sede della Biblioteca musicale “Gaetano Donizetti”) nell’antica sede storica della Domus Magna in città alta. Un gruppo di studenti, dopo aver salito l'ampia ed imponente scala di accesso esistente ancora oggi, viene interrogato in merito alla scoperta di una “congiura” con tanto di armi e via di fuga, che alcuni di loro stavano preparando. Lì, a dirigere l’inchiesta, c'è qualcuno più in alto e più potente dell’attuale preside, qualcuno che può decidere per sempre del loro futuro.

    Ambito cronologico

    Inizio del XVII secolo

    Fonti usate

    • Verbale dell’interrogatorio degli studenti,  fondamentale per ricostruire la vicenda
      Verbali correlati alla vicenda e alla vita scolastica della Accademia tratti dalle Terminazioni, il registro delle riunioni settimanali del Consiglio della MIA.
      Regolamento dell'Accademia

    Organizzazione del percorso

    Sono previste due mattinate così strutturate:

    primo incontro: in città alta visita guidata alla Basilica di Santa Maria Maggiore, preceduta o seguita, se possibile, da una visita in Biblioteca civica A. Mai per la presentazione di documenti relativi al percorso e alla storia della Misericordia. Su richiesta le classi possono visitare la Biblioteca musicale “G. Donizetti” presso la Domus Magna;

    secondo incontro: laboratorio in classe con gli operatori de L'Officina sui documenti dell'Archivio della MIA.

    Abilità e competenze

    • Capacità di lettura, trascrizione ed analisi di manoscritti di tipologia diversa
    • Approccio al lessico in uso nel ‘600 e confronto con l’italiano odierno
    • Conoscenza dell’istituzione scolastica e della vita degli studenti
    • Capacità di contestualizzazione storica e di confronto con l’oggi.

    Proposte di approfondimento culturale e didattico

    • La ricostruzione della vicenda attraverso l’interrogatorio degli studenti richiede una intrigante indagine investigativa: qual era la causa della congiura? Cosa avevano intenzione di fare i ragazzi? La risposta a queste domande stimolerà il dibattito e il confronto e potrà essere data in forme testuali diverse
    • Confronto tra l’organizzazione, le regole e le attività dell’Accademia della MIA con quelle della propria scuola e/o della scuola in generale: differenze e aspetti comuni
    • Il ruolo svolto dalla MIA  nell’ambito della assistenza e della formazione culturale a Bergamo.

Storia della carità e dell’assistenza

  • La Misericordia Maggiore e l’aiuto ai poveri attraverso i secoli

    Il soccorso dei poveri, degli infermi, dei carcerati e di altre persone bisognose fu unoT. Longaretti: Madonna della Misericordia degli obiettivi originari della Misericordia e, inizialmente, si provvide con la raccolta delle elemosine tra confratelli e consorelle. A queste si aggiunsero ben presto lasciti, legati ed eredità che, grazie ad una avveduta gestione, crebbero fino a costituire un ingente patrimonio.

    La Misericordia Maggiore attuò un’assistenza a tutto campo. Andando oltre i confini di  una solidarietà strettamente confraternale, si rivolse all’intera città, ai sobborghi e a tutto il distretto del Comune di Bergamo, che coincideva per gran parte con l'attuale territorio provinciale.

    Il prestigio del Consorzio andò nel tempo aumentando tra la popolazione e presso le autorità cittadine, le quali delegarono di fatto al Consorzio gli indispensabili compiti sociali di assistenza e beneficenza. La MĪA divenne così un’importante istituzione assistenziale, di cui non si poteva fare a meno nei momenti di crisi alimentare e sanitaria, che erano endemiche.

    Le relazioni dei rettori veneti sottolineano la cronica difficoltà del territorio bergamasco a soddisfare le esigenze alimentari della popolazione. La produzione di granaglie non era sufficiente per tutto l'anno, in tempo di pace si poteva importarne dalle città vicine, ma nei momenti di tensione e di guerra o nelle annate cattive per tutta la Lombardia l'unica soluzione era il contrabbando o, per una parte della popolazione, l'emigrazione, chi non poteva o non osava andare via l'unica prospettiva era spostarsi in città per elemosinare. Nel 1629 nel verbale del  Consiglio della Misericordia  si legge: Il numero de poveri che vanno a torno questuando più tosto rabiosamente che importunamente è da tre in quattro mille, et di questi perché molti morivano d’hora in hora per le strade e per le piazze di disagio con miserando spettacolo, ha convenuto la magnifica Città come pietosa madre raccoglierne nel loco di Galgario circa trecento delli più deboli e miserabili.

    In tali circostanze solo l'intervento dei Luoghi  Pii poteva muoversi in soccorso della popolazione affamata e delle autorità timorose di disordini e ribellioni. Ma non si creda che gli interventi di aiuto messi in atto dalla  Mia fossero indolori, nei momenti di maggiore crisi l'Ente era costretto a indebitarsi e, addirittura, a vendere o ipotecare delle proprietà per far fronte al bisogno.

    Il capitano veneziano Alvise Foscari nel 1570 a proposito della MIA scrive: questo presente anno tanto infelice et calamitoso qual non essendo stato abastanza l’entrate da suffragar tanta miseria et povertà della Città et Territorio hanno venduto molte proprietà et tolto biade a credenza per assai notabile summa.

    L'azione caritativa della Mia degli altri Luoghi  Pii non si dispiegava solo nei momenti di grave crisi, durante tutto l'anno venivano assistite migliaia di persone poveri, mendicanti, religiosi, vedove, ragazze da marito, poveri vergognosi, orfani, malati cronici e invalidi, soldati, galeotti. E non solo con le distribuzioni settimanali di generi alimentari, ma anche aiutando chi non aveva mezzi e volesse imparare un mestiere o studiare.

    Durante la dominazione francese la nuova legislazione assistenziale portò cambiamenti così profondi che modificarono l’organizzazione del Consorzio che perse molta autonomia:

    • nel 1808 fu aggregata con le altre istituzioni assistenziali della città alla Congregazione di carità
    • nel 1825 durante il dominio austriaco la Misericordia Maggiore fu riunita nel Direttorio dei Luoghi pii elemosinieri
    • dopo l’Unità entrò a far parte della ricostituita Congregazione di carità e delle opere pie dipendenti
    • dal 1937 in poi fu unita all’Ente Comunale di Assistenza (E.C.A.).

    Dal gennaio 2004 la MĪA ha assunto la forma giuridica di Fondazione, in modo da poter proseguire – con strutture più adeguate alle necessità di oggi – la missione che l’ha contraddistinta negli oltre sette secoli di esistenza: occuparsi di istruzione, cultura, religione e assistenza.

    Ambito cronologico

    Dal XVI al XX secolo

    Fonti usate

    Documenti cartacei di tipologia varia provenienti dai fondi archivistici prodotti dagli uffici della MIA; in particolare: documenti ufficiali quali verbali delle riunioni di Consiglio e lettere pubbliche, ma anche personali (richieste di carità). 

    Organizzazione del percorso

    L'intervento prevede due incontri:

    primo incontro: (in città alta) visita guidata alla Basilica di Santa Maria Maggiore, preceduta o seguita , se possibile, dalla presentazione di documenti relativi alla storia della Misericordia presso la Biblioteca civica “A. Mai”. Su richiesta le classi possono visitare la Biblioteca musicale “G. Donizetti” presso la Domus Magna;

    secondo incontro: (in classe) laboratorio sulle fonti: testi manoscritti provenienti dall’archivio storico della MIA relativi alle carestie tra Cinquecento e Seicento, alle richieste di aiuto ricevute e agli interventi messi in atto.

    Abilità e competenze acquisibili

    • Capacità di lettura e interrogazione critica delle fonti manoscritte o a stampa di tipologia diversa
    • Approccio al lessico in uso nel  '600 e confronto con l’italiano odierno
    • Individuazione di informazioni esplicite e inferenziali
    • Conoscenza di un meccanismo di crisi economica
    • Capacità di contestualizzazione storica e di confronto con l’oggi

    Proposte  di approfondimento culturale e didattico

    • I documenti sono di tipologia diversa (verbali, lettere, regolamenti) e permettono di ricavare informazioni di tipo storico: chi erano i poveri? Come interveniva la MIA? Come veniva organizzata la carità? Perché la MIA riceveva lasciti e donazioni?
    • Poveri di oggi e poveri nel passato
    • Il problema dell'aiuto ai poveri: assistenza pubblica, privata e solidarietà personale
    • Studio della mentalità in merito alla povertà e alla carità
  • I monaci di Astino tra fede e carità: la Grande Elemosina del XVI sec.)

    Nel VI secolo, san Benedetto fondò il monachesimo occidentale che diede origine a importanti centri culturali e spirituali, ma anche economici per l'impulso di rinnovamento che impressero ai sistemi di coltivazione agricola. Molti monasteri divennero importanti  e ricchi centri produttivi che furono per secoli luogo di assistenza e rifugio per i poveri: alle loro porte potevano ricevere cibo e un ricovero nei giorni più freddi.

    Con la rinascita delle città e il crescente numero dei poveri,  dovuto alle ricorrenti crisi alimentari, nacquero nuove forme di assistenza ai diseredati non più legate solo alle strutture religiose ma anche all'impegno dei laici che svolgevano un ruolo attivo nelle istituzioni cittadine.

    Accanto agli ospedali, che già da tempo fornivano ospitalità e assistenza ai poveri, sorsero nuove istituzioni caritatevoli: consorzi laicali dei borghi, delle parrocchie, delle vicinie, patronati familiari, luoghi di ricovero (per vecchi, donne pericolate e pericolanti, mendicanti, orfani) che soccorrevano con differenti modalità: elemosine in natura, sussidi dotali, distribuzioni nelle carestie o di medicinali e cure mediche, aiuti ai carcerati, ai poveri vergognosi.

    Per tutto il medioevo e anche un po' oltre il confine tra povertà e sussistenza era molto labile e poteva essere superato con estrema facilità per la mancanza di difese della società nei confronti  delle ricorrenti congiunture negative (economiche, sanitarie, alimentari, belliche). Infatti se le categorie di persone più deboli, non in grado di provvedere a se stesse, erano le vedove, gli orfani, i vecchi, anche artigiani e contadini, che dipendevano interamente dal lavoro delle proprie braccia, precipitavano rapidamente nella povertà se impossibilitati a lavorare da una malattia o un'epidemia, da una guerra o dal cattivo tempo.

    Alla cura delle persone in difficoltà (economica, morale, fisica,…) non si provvedeva all’interno di un’istituzione pubblica ma in una sfera “privata” di rapporti tra famiglie e organizzazioni di solidarietà spontanee.

    La caritas, principio fondamentale della spiritualità cristiana, pose le basi per la creazione e lo sviluppo di enti assistenziali che erano governati sia da istituzioni religiose che laiche, ma che furono finanziati soprattutto dallo spirito caritativo dei credenti che nei loro testamenti  disponevano dei loro beni a favore di monasteri, ospedali e luoghi pii che li amministravano in nome dei poveri  a cui i proventi erano destinati.

    La vicenda

    La grande elemosina di La regola vallombrosana, come quella benedettina, prescriveva la Disciplina caritatis, infatti, accanto al monastero di Astino, sorse già nei primi decenni del XII secolo un ospedale per aiutare i più bisognosi, successivamente, dopo la morte del Beato Guala nel 1244, venne istituita una distribuzione annuale di pane per i poveri.

    All’inizio del 1500 anche l'abate Silvestro de Benedictis istituì una rendita per il monastero con la quale eresse il Consorzio dei Poveri di Cristo e stabilì che il monastero due volte all'anno, doveva distribuire dieci some di frumento; grazie al suo lascito ogni povero riceveva un pane e un quattrino. Nella controfacciata della chiesa del S. Sepolcro un affresco di Giovan Battista Guarinoni d'Averara ricorda proprio la grande elemosina annuale.

    Purtroppo, col passare degli anni, si persero la memoria e i documenti che stabilivano gli obblighi del monastero, la quantità di pane che gli abati distribuivano aumentò talmente che nel giorno della Grande elemosina l'afflusso di poveri, vagabondi, curiosi e autorità che si accalcava nella valle finì per diventare motivo di scandalo e disturbo.

    I monaci tentarono di abolire questa istituzione ma, per l'opposizione della cittadinanza, dovettero sostituirla con l'obbligo di pagare ogni anno 18 some di frumento all'Ospedale grande.

    Ambito cronologico

    secolo XVI

    Fonti usate

    • Le Ricordanze degli abati di Astino che annotavano con regolarità nei loro libri i principali avvenimenti della comunità
    • il Compendio delle scritture del Monastero di Astino dell'abate Ignazio Guiducci che raccoglie dai manoscritti degli abati una serie di annotazioni che riordina secondo vari criteri come ad esempio quello cronologico. Il manoscritto permette inoltre di ricostruire la formazione nel corso dei secoli del grande patrimonio fondiario del monastero e il ruolo svolto nella sua costituzione dai singoli abati
    • Istoria della badia di Astino preziosa narrazione della storia del monastero, portata a termine nel 1704 dal monaco Pier Gerolamo Mazzoleni. La scrittura e il linguaggio del testo sono chiari e possono essere facilmente affrontati dagli studenti
    • Corredo di pitture della chiesa del Santo Sepolcro e la struttura del monastero.

    Organizzazione del percorso:

    L'intervento prevede due incontri:

    • primo incontro: (in classe) durante il quale si presentano l'origine e le caratteristiche del monachesimo, l'organizzazione della vita e degli spazi dei monasteri mettendo in luce lo specifico della spiritualità vallombrosana e le principali vicende storiche del complesso di Astino.
    • secondo incontro: si svolge una visita guidata alla Chiesa del Santo Sepolcro e agli ambienti monastici fin qui ristrutturati e resi agibili. A questa segue, a seconda del tema scelto, un'attività di decodifica e lettura di documenti di epoche diverse relativi ad alcuni periodi o vicende della vita del cenobio.

    Abilità e competenze acquisibili

    • Capacità di lettura e interpretazione di fonti di tipologie diverse
    • Capacità di ricavare dai documenti informazioni di tipo storico
    • Capacità di contestualizzazione storica e di confronto con l’oggi

    Proposte di approfondimento culturale e didattico

    • Le pitture e alcuni documenti consentono di ricostruire l'origine della Grande Elemosina e di avvicinarsi al tema dell’assistenza e della beneficenza nel passato per un confronto con la realtà attuale dell’assistenza pubblica, del volontariato e della carità individuale
    • Indagine su: chi erano i poveri? Come interveniva la città? Come era organizzata la carità? Perché i luoghi pii, i monasteri e i conventi ricevevano lasciti e donazioni?
    • Studio della mentalità dell'epoca in merito alla povertà e alla carità.
  • Verso lo Stato sociale: dalla carità alla beneficenza tra 1800 e 1900 (in collaborazione con l’Archivio di Stato)

    Nei documenti conservati in un archivio ci si imbatte nelle storie di persone anonime che hanno lasciato dietro di sé una traccia, seppur lieve o apparentemente insignificante, della loro esistenza. Il fondo Eredità e legati della sezione moderna dell’archivio della MIA depositato presso l'Archivio di Stato di Bergamo, ci restituisce frammenti di vita sia di personaggi significativi della storia bergamasca tra Sette e Novecento, che, in qualità di amministratori o di benefattori, per motivi diversi durante la loro vita “incrociarono”   alcune delle iniziative assistenziali dell’ente, sia quelli dei tanti "poveri bisognosi o vergognosi" che alla MIA si rivolsero per essere assistiti.

    I "poveri vergognosi" erano persone una volta abbienti che, cadute in miseria, conservavano un senso di dignità che impediva loro di stendere la mano, famiglie nobili  impoverite per vicende politiche avverse o esiliate, mercanti rovinati da investimenti sbagliati. Ad essi gli enti assistenziali riconoscevano tanta dignità da risparmiare loro l'umiliazione di mendicare e li soccorrevano con discrezione. Questo riguardo per chi era stato provato dalla sorte ci dovrebbe far riflettere sulla nostra società e chiederci come vivonMater Misericordiaeo oggi le persone che perdono il lavoro dopo anni di fatica  e di illusoria sicurezza o chi lavora per paghe insufficienti ad una vita dignitosa oppure quali protezioni offre la società moderna a chi è privo di risorse.

    Vita, esperienze, ma anche cultura e sentimenti di personaggi tra i più disparati emergono dalle carte che ci permettono di ripercorrere le biografie di uomini e donne che, in un certo momento della loro vita, si sono imbattuti in uno dei molteplici enti assistenziali della città lasciandovi il segno della propria irripetibile vicenda personale. 

    Ambito cronologico

    XIX-XX sec.

    Fonti usate

    • Stralci da alcuni testamenti
    • Richieste di aiuto alla Congregazione di Carità
    • Documenti relativi all'esecuzione di legati testamentari in gran parte compilati dai parroci a cui era affidato il compito di individuare i soggetti bisognosi e di provvedere alle distribuzioni:  gli elenchi dei poveri, i  buoni consegna del sussidio, i moduli di raccolta delle informazioni per la concessione dei sussidi.

    Organizzazione del percorso

    L'intervento prevede due incontri:

    primo incontro: (presso l'Archivio di Stato di Bergamo, via Fratelli Bronzetti, 24/26/28) visita guidata dell'archivio seguita dalla presentazione e osservazione di alcuni documenti provenienti dall’archivio storico-sezione moderna della MIA;

    secondo incontro: (in classe) laboratorio su documenti inerenti agli interventi di assistenza a cavallo tra otto e novecento: petizioni e modalità di distribuzione.

    Abilità e competenze acquisibili:

    • Conoscenza di un archivio:  il lavoro dell'archivista, tipologie documentarie conservate, modalità e criteri di conservazione e salvaguardia dei documenti

    • Capacità di lettura e interrogazione delle fonti manoscritte o a stampa relative al ruolo del Consorzio della Misericordia nel far fronte alle emergenze sanitarie e sociali
    • Comprensione del lessico in uso nei documenti esaminati 
    • Individuazione di informazioni esplicite e inferenziali utili per la ricostruzione di una vicenda o di un evento e contestualizzazione storica.

    Proposte di approfondimento culturale e didattico

    • Indagine per verificare se nel territorio della scuola o dove vivono i ragazzi esistono asili, scuole, case di riposo, parchi o altre istituzioni legate a donazioni di benefattori dei secoli scorsi
    • Uso delle fonti per scrivere e ambientare racconti, lettere, diari di personaggi reali o immaginari
    • La difficile condizione delle persone con disabilità nel passato che può dare spazio alla riflessione sulle odierne politiche di assistenza e integrazione
    • Confronto con la realtà attuale dell’assistenza pubblica, del mondo del volontariato e della carità individuale.
  • Flaminia De Vecchi Carrara Beroa: una generosa benefattrice (XIX sec.)

    In questo percorso si parla di generosità. Siamo nel cuore dell’attività della MIA, quella per cui era stata fondata nel 1265: aiutare gli altri. E di cuore doveva averne tanto Flaminia sia quando era in vita -caratterizzata da un’avveduta prodigalità verso i bisognosi- sia dopo la morte quando, in forma di legati, sostenne enti di beneficenza e privati cittadini. Non facile discorso oggi quello sulla carità ma certamente di grande attualità tra il senso di fastidio e le richieste pressanti delle nuove povertà.

    La vicenda

    Flaminia De Vecchi era nata fortunata: apparteneva ad una ricchissima famiglia di anticaG. Rillosi: Ritratto di Flaminia De Vecchi nobiltà, aveva sposato l’uomo che amava, anche lui di una famiglia, i Carrara Beroa, altrettanto ricca e nobile. Eppure sfortunata: la prima ferita indelebile, la perdita della madre da piccola, e poi la seconda straziante, la perdita dell’unica figlia tanto attesa e quasi più sperata. L’albero di due famiglie secolari si era esaurito. Nondimeno, come trapela dal suo lucido testamento, il dolore non le impedisce di scorgere le necessità degli altri e per ognuno ha un pensiero: parenti, amici, domestici e dipendenti delle sue proprietà e poi diversi enti assistenziali della città di Bergamo che le renderà omaggio alla sua morte con una cerimonia funebre che metterà in movimento tutta la popolazione.

    Ambito cronologico

    XIX secolo

    Fonti usate

    Questo percorso utilizza fonti diverse:

    • Copia del testamento della contessa Flaminia, una decina di pagine che lasciano trapelare la generosità del suo animo
    • Ritratto della benefattrice, opera del pittore bergamasco Giuseppe Rillosi, conservato presso la Casa di Riposo Santa Maria Ausiliatrice di Bergamo.
    • Notizie della sua vita contenute in vari documenti: il necrologio pubblicato sui giornali dell’epoca, l’elogio funebre., ma anche lo stemma di famiglia, l'albero genealogico, le residenze e la tomba.

    Organizzazione del percorso

    L'intervento prevede due incontri:

    primo incontro: (presso l'Archivio di Stato di Bergamo, via Fratelli Bronzetti, 24/26/28) visita guidata dell'archivio seguita dalla presentazione e osservazione di alcuni documenti provenienti dall’archivio storico-sezione moderna della MIA;

    secondo incontro: (in classe) laboratorio su testi manoscritti relativi alla vita della contessa Flaminia De Vecchi Carrara Beroa.

    Abilità e competenze acquisibili

    • Criteri di organizzazione e conservazione del materiale di un archivio
    • Importanza degli archivi per la storia locale 
    • Capacità di lettura di testi manoscritti o a stampa e tracce iconografiche
    • Capacità di riconoscere e definire atteggiamenti, caratteristiche, qualità e difetti propri e altrui
    • Capacità di cogliere e rappresentare caratteristiche particolari di una persona o di un gruppo.

    Temi di approfondimento culturale e didattico

    • Il ruolo delle donne nella società ottocentesca
    • La biografia: raccolta di notizie sulla figura di una persona nota di oggi o del passato oppure del personaggio al quale è dedicata la scuola
    • Diari, lettere, biografie: la storia personale degli alunni o della loro famiglia.211111111111111111110

Percorsi di PCTO

  • Alternanza Scuola Lavoro

    Gli studenti della scuola secondaria di 2° grado e gli universitari delle facoltà umanistiche, possono svolgere stage formativi o percorsi di PCTO presso il complesso monastico vallombrosano di Astino o presso i laboratori didattici dell’Officina dello storico.

    • Adottiamo un’opera d’arte: il coro ligneo di S. Maria Maggiore (le vicende della realizzazione, il cantiere e gli artisti, il contenuto e il valore artistico di alcune tarsie, tecniche di restauro)
    • Ricostruiamo e conosciamo il monastero di Astino: la storia, l'evoluzione del fabbricato con il recente restauro e il patrimonio artistico che vi si conserva
    • Le fonti storiche per ricostruire la storia del manicomio di Astino e la cura del disagio mentale tra passato e presente
    • Come si è modificato il paesaggio della valle di Astino nel corso dei secoli tra documentazione cartografica e fotografica e osservazione diretta.

    Prima dell’avvio dello Percorso di ASL, la cui durata viene concordata con gli istituti scolastici di appartenenza, è necessario stipulare un’apposita convenzione che deve obbligatoriamente prevedere una copertura assicurativa e una preventiva formazione generale in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, a carico dell’Istituto richiedente.

    Prima dell’avvio dello Percorso di ASL, la cui durata viene concordata con gli istituti scolastici di appartenenza, è necessario stipulare un’apposita convenzione che deve obbligatoriamente prevedere una copertura assicurativa e una preventiva formazione generale in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, a carico dell’Istituto richiedente.

    Le scuole interessate possono prendere contatto con L’Officina dello storico:

    info@officinadellostorico-bergamo.it

    per maggiori dettagli sull’iniziativa ci si può rivolgere alla dott.ssa Cinzia Castelli, funzionaria della Fondazione MIA, inviando una mail a:

    cinzia.castelli@fondazionemia.it